mercoledì 26 novembre 2014

Gli esperimenti di Samantha Cristoforetti

Blind and Imagined - move Short bLind plus shrINK (SLINK)

Obiettivo della ricerca
Obiettivo della ricerca è lo studio dei meccanismi di adattamento sensori-motorio alla condizione prolungata di assenza di gravità, in astronauti impegnati in missioni spaziali sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). In particolare ci si propone di indagare le nuove strategie e i nuovi criteri di pianificazione ed esecuzione del movimento indotti dall’ambiente microgravitazionale, tramite due protocolli di movimento sperimentali: MOVE SB (MOVE Short and Blind), movimenti di raggiungimento di un target, e SHRINK (Space Height Reference In Non-gravitational Kinetics), movimenti di lancio e recupero di una palla virtuale.

domenica 23 novembre 2014

Oggi parte Samantha Cristoforetti, la prima astronauta italiana

In diretta con l'Asi le immagini della partenza


E' arrivato il giorno della partenza per la prima donna astronauta italiana. Alle 22 e 01 italiane Samantha Cristoforetti volerà, diretta alla Stazione Spaziale Internazionale, a bordo di una Soyuz dalla base russa di Baikonur, nel Kazakistan.
Comincia così la missione Futura, la seconda di lunga durata dell'Agenzia Spaziale Italiana (Asi). Per Samantha Cristoforetti la giornata è cominciata molto presto. La sveglia per gli astronauti è suonata infatti alle 5 del mattino (mezzanotte in Italia) e oggi sarà una lunghissima giornata scandita dagli ultimi controlli, i saluti alle persone più care e gli immancabili rituali che precedono la partenza di ogni astronauta dalla base russa.

mercoledì 19 novembre 2014

Segnali di molecole organiche sulla cometa di Rosetta

Risulta dai dati preliminari di Philae

Segnali della presenza di molecole organiche potrebbero essere stati rivelati sulla cometa 67/P Churyumov-Gerasimenko: lo dice l'Agenzia Spaziale Tedesca (Dlr) riferendosi ai dati preliminari di uno degli strumenti a bordo del lander Philae, Cosac (Cometary Sampling and Composition Experiment), realizzato in Germania. Ma sottolinea la Dlr ''l'identificazione e l'analisi delle molecole è ancora in corso''. Realizzato sotto la responsabilità scientifica dell'Istituto Max Planck per la ricerca sul Sistema Solare, Cosac 'annusa' e analizza i gas emessi dalla cometa raggiunta dalla missione Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea.

Completata la prima sequenza di esperimenti
Prima di 'assopirsi' sulla cometa 67P-Churyumov-Gerasimenko, il lander Philae, sottolinea la Dlr in una nota, è stato in grado di completare la prima sequenza degli esperimenti a bordo, facendo affidamento sulla batteria primaria e raccogliendo una grande quantità di dati preziosi, acquisibili solo attraverso il diretto contatto con la superficie.
Superficie di ghiaccio coperta da polveri
Uno dei primi aggiornamenti è arrivato dai sensori di Mupus (Multi-Purpose Sensors for Surface and Sub-Surface Science), il braccio meccanico vibrante con una sonda alla sua estremità che ha 'martellato' la superficie: i dati mostrerebbero che la cometa ha una superficie dura, comparabile al ghiaccio coperta da uno strato di 10-20 centimetri di polveri.
Ghiaccio a 170 gradi sotto zero
Mupus ha misurato anche la temperatura dello strato di ghiaccio che è di 170 gradi sotto zero.
Anche Sesame (Surface Electrical, Sismic and Acoustic Monitoring Experiment), che ha ascoltato le rilevazioni sismiche della superficie, conferma le rilevazioni di Mupus sullo strato di polveri che ricoprono il ghiaccio e sul basso livello di attività cometaria del luogo in cui si trova Philae.
Alla lista di esperimenti attivati si aggiungono Rolis, (Rosetta Lander Imaging System) che ha fotografato la discesa sulla cometa e Civa, la camera che ha realizzato la prima panoramica a 360 gradi del punto in cui si trova Philae.

Kitsune

tratto da: ansa

domenica 16 novembre 2014

Cominciata ibernazione per lander Rosetta

Impresa senza precedenti, a caccia dei segreti della vita 

Il lander Philae è entrato in ibernazione sulla 'sua' cometa. Le sue batterie si sono esaurite nonostante il leggero movimento di rotazione, che nei giorni scorsi aveva permesso di esporre alla luce una maggior superficie dei pannelli solari. "Philae si è addormentato, dopo aver fatto anche l'ultima parte della sequenza di operazioni programmata" ha detto il coordinatore scientifico dell'Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Enrico Flamini.

L'Asi è infatti responsabile del lander Philae insieme alle agenzie spaziali francese (Cnrs) e tedesca (Dlr). Della sequenza di operazioni fanno parte anche i comandi che azionano il trapano Sd2, interamente italiano. E' stato infatti progettato dal gruppo del Politecnico di Milano, coordinato da Amalia Ercoli Finzi, e costruito dalla Selex Es (gruppo Finmeccanica). "La sequenza relativa al dispiegamento del trapano è stata completata - ha detto Flamini - perché il trapano è fuoriuscito in tutta la sua lunghezza, ossia circa 50 centimetri". Questo lascerebbe supporre che la perforazione possa essere avvenuta, ma la conferma potrà arrivare soltanto dai dati di Philae, che i ricercatori stanno analizzando in questi giorni".
''I campioni saranno riscaldati in modo da poter analizzare i gas e individuare gli elementi chimici, parallelamente viene analizzata la struttura del materiale prelevato'', ha spiegato nei giorni scorsi  il 'pilota' di Rosetta, Andrea Accomazzo, responsabile delle operazioni della missione.  ''Philae si è spenta in automatico ed è entrata in ibernazione'', ha detto ancora Accomazzo. Le cose potrebbero cambiare nel momento in cui la cometa si riavvicinerà al Sole: ''quando le stagioni sulla cometa cambieranno - ha concluso - il lander potrebbe riattivarsi. Noi continueremo ad ascoltarlo''.
La cometa di Rosetta sembra più antica del previsto, più polverosa di quanto immaginato e potrebbe essersi formata nella stessa regione dei pianeti rocciosi come la Terra: sono le prime conclusioni che arrivano dall'analisi dei suoi grani raccolti dallo strumento italiano Giada (Grain Impact Analyser and Dust Accumulator).

Kitsune

tratto da: ansa

mercoledì 12 novembre 2014

Fukushima, riattivi da gennaio reattori nucleari di Sendai. Ma i giapponesi non vogliono

La riaccensione dei primi due impianti nel distretto di Kagoshima è prevista per gennaio: manca solo l'ok del primo ministro, Shinzo Abe, che si è detto da tempo favorevole. "Il riavvio era inevitabile", ha commentato il governatore locale Yuichiro Ito.
I reattori Sendai 1 e 2, nel distretto di Kagoshima, saranno riaperti. Il via libera definitivo è arrivato dalla prefettura locale che ha ritenuto gli impianti conformi ai nuovi parametri di sicurezza molto stringenti stabiliti dopo il disastro nucleare di Fukushima, nel 2011. Una decisione che attende solo l’ok del primo ministro giapponese, Shinzo Abe, per diventare esecutiva a tutti gli effetti, anche se il presidente nipponico non ha mai nascosto la volontà a far ripartire il comparto nucleare del Paese, il cui stop, aveva spiegato, “ha colpito duramente l’economia nazionale“. “Tenendo conto dei diversi fattori nel loro insieme, ho giudicato che il riavvio delle unità 1 e 2 di Sendai sia inevitabile”, ha detto il governatore, Yuichiro Ito, soddisfatto per la ripresa dell’attività dei primi due reattori giudicati idonei a riprendere le attività.

L’ok a procedere era già arrivato a settembre, quando la Nuclear Regulation Authority (Nra), l’organismo che ha il compito di valutare il rispetto della nuova stringente normativa sulla sicurezza nucleare, aveva dato parere positivo dopo aver visionato gli impianti e studiato tutte le nuove caratteristiche. Proprio in quell’occasione, Shinzo Abe, che dovrebbe dare il permesso per la riaccensione dei reattori da gennaio 2015, aveva espresso la propria soddisfazione per i passi in avanti nel processo di rinnovamento dell’industria nucleare giapponese.
Il presidente e i sostenitori del programma nucleare nipponico dovranno fare i conti, però, con un’ampia parte dell’opinione pubblica contraria alla riapertura delle centrali nell’isola, ancora scioccata dal disastro provocato dallo tsunami che, nel 2011, si è abbattuto sul Paese asiatico. Sedicimila persone, a settembre, manifestarono a Tokyo proprio contro la riapertura degli impianti, anche in considerazione dei dati riguardanti il picco di suicidi a Fukushima che, dall’aprile 2011, hanno toccato quota 1500.

Kitsune

tratto da: fonte

mercoledì 5 novembre 2014

Più difficile la caccia ai mondi alieni

I pianeti 'abitabili' sono offuscati dalla luce zodiacale
 
Si complica la caccia ai 'fratelli della Terra', ossia ai pianeti esterni al Sistema Solare che potrebbero ospitare forme di vita. Vengono infatti offuscati da una luce mille volte più brillante di quella osservata intorno al Sole:è la luce zodiacale, osservata per la prima volta attorno a nove stelle vicine. La scoperta, pubblicata sulla rivista Astronomy & Astrophysics, si deve al gruppo coordinato da Steve Ertel, dell'Eso (European southern observatory), sulle Ande cilene, grazie al telescopio Vlt. 
La luce zodiacale
La luce zodiacale è la luce stellare riflessa dalla polvere creata dalla collisione tra asteroidi e dall'evaporazione di comete. Dalla Terra appare come un diffuso e debole chiarore visibile dopo la fine del crepuscolo, o appena prima dell'alba e può essere vista anche da qualsiasi punto del Sistema Solare. 
Stelle 'polverose'
Tramite il telescopio Vlt gli astronomi hanno osservato 92 stelle vicine, scoprendo la luce zodiacale brillante in nove di esse. In questo caso hanno osservato la polvere generata dalla collisione tra piccoli oggetti di pochi chilometri di diametro, detti planetesimi (simili agli asteroidi e alle comete), scoprendo che la maggior parte della polvere si trova intorno alle stelle più antiche.  
Un risultato sorprendente
Un risultato che ha sorpreso i ricercatori, dal momento che la produzione di polvere causata dalla collisione dei planetesimi dovrebbe diminuire nel tempo, poichè il loro numero cala a mano a mano che vengono distrutti. La luce zodiacale rivelata in questo studio è invece mille volte più brillante di quella finora osservata intorno al Sole. Per uno degli autori della ricerca, Olivier Absil dell'Università di Liegi, ''sembra che ci sia un grande numero di sistemi che contengono polvere meno brillante, non rivelabile con la nostra ricerca, ma sempre molto più brillante di quella del Sistema Solare''.

Kitsune

tratto da: ansa 

lunedì 3 novembre 2014

Scoperti i geni che resistono all’Ebola

Individuati nei topi, aprono la strada al vaccino

Scoperti i geni che resistono all'Ebola. Sono stati individuati nei topi e il risultato, pubblicato sulla rivista Science, apre la strada allo sviluppo di vaccini e trattamenti contro la malattia. La scoperta si deve al gruppo coordinato da Angela Rasmussen e Michael Katze, dell'università di Washington. 
Il gene Tek
Secondo i ricercatori è il gene Tek, che attiva i fattori di coagulazione, che influenza la sensibilità al virus. Non tutte le persone che contraggono l'Ebola sviluppano i gravi sintomi che portano alla morte: ritardo nella coagulazione del sangue, febbre emorragica, insufficienza agli organi e shock; alcune persone resistono completamente alla malattia, altre soffrono di una forma moderata. Finora è stato difficile comprendere il motivo di questa differente risposta alla malattia perché non era stato possibile studiare l'Ebola nei topi dal momento che in questi animali il virus non causa tutti i sintomi che provoca nell'uomo. 
L'esperimento
Questo ostacolo è stato superato usando un gruppo geneticamente eterogeneo di topi di laboratorio. Dopo aver contratto il virus, nei primi giorni dell'infezione tutti i topi hanno perso peso. Il 19% di essi ha anche pienamente riacquistato il peso perso nel giro di due settimane ed è sopravvissuto. L'11% degli animali è stato parzialmente resistente e meno della metà è morto. Il 70% dei topi ha avuto mortalità superiore al 50%. Di questi il 19% ha avuto l'infiammazione del fegato senza i sintomi classici dell' Ebola, e il 34% ha avuto ritardi nella coagulazione del sangue e febbre emorragica. 
Una via per il vaccino
''La frequenza delle diverse manifestazioni della malattia in questi topi - rileva Rasmussen - è simile alla varietà osservata nell'epidemia in Africa occidentale''. La differenze risposta dei topi alla malattia secondo lo studio è dovuta al gene Tek, che attiva i fattori di coagulazione, che probabilmente influenza la sensibilità al virus. ''Ci auguriamo - sottolinea Katze - che sia possibile applicare rapidamente questi risultati per lo sviluppo di terapie e vaccini contro l'Ebola”.

Kitsune

tratto da: ansa